Quale infausta memoria di me Dante
lo ricordar lontano il mio trapasso;
d’istorie mie or voi ne dite tante
che in veritate mi pesano addosso.
Voi nati in quel paese solatio,
ove tra monti e valli il bel sì suona,
non cale a me di vostro ciangottio
che la me lingua amata fa cafona.
Non valsemi gagnar sì tanta fama
e varcar ahi lasso inospitali cerchi
pe’ l’italico cantar sì grande idioma
ché del bell’eloquiar voi siete tirchi.
Or che riposo in ospitale Emilia
penso allo scriver mio con penna d’oca
e ai marchingegni per voi mirabilia
che al pensier riservan cosa poca.
“Amor ch’a nulla amato amar perdona”
con chiara voce soleansi sì appellare,
ma lo scriver ahimè or si bastona
e con due “like” or tutto può bastare.
“La bocca mi baciò tutto tremante”
risòna a voi con tono ben patetico
e tanto a voi risulta sì aberrante
che il bacio risolvete con gli “emoticon”.
Or bene gli è che in questo antro oscuro
le mi ossa stanche di cotal storielle
in pace eterna restino in futuro
desiando a voi di riveder le stelle.
Anna da Prato